Patriziato Arzo | Un mulino per tagliare a fette il marmo
15650
post-template-default,single,single-post,postid-15650,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,paspartu_enabled,qode-theme-ver-17.2,qode-theme-bridge,disabled_footer_bottom,wpb-js-composer js-comp-ver-5.7,vc_responsive

Un mulino per tagliare a fette il marmo

Per la loro abilità con lo scalpellino diversi Rossi e Allio (Aglio) di Arzo erano conosciuti in varie città d’Europa fin dal 1600. La presenza di molte cave di marmo nelle vicinanze del villaggio di Arzo ha facilitato la nascita e lo sviluppo di numerosi talenti. Ad Arzo l’estrazione del marmo risale al Medio Evo, ma solo nel 18° secolo divenne un’attività importante tanto da far nascere in paese la bellezza di sette segherie per tagliare i grossi massi in lastre piú o meno sottili. Da una mappa del catasto delle acque, pubblicata nel libro di Giovanni Piffaretti “Le maestranze d’Arte”, si vedono ancora i luoghi dove erano situate le segherie. Oggi non resta piú nulla, anche se l’ultima segheria per il marmo, quella di Claudio Allio, detto “murinell” era ancora in funzione nel 1965. Verso la fine degli anni Settanta avevo fotografato parte dell’intricato marchingegno che faceva funzionare il mulino e la segheria.

Tutti gli impianti appartenevano alla famiglia Allio. Luigi, “Lüis dal murinell”, il nonno era mugnaio e possedeva un mulino e un frantoio per l’olio di noci. Quello di Arzo era un mulino con diverse attività. La piú grande delle tre ruote ad acqua faceva funzionare la sega per il marmo.

La ruota metteva in moto gli ingranaggi e trasformava il moto rotatorio in movimento orizzontale per permettere un lentissimo abbassamento delle lame. Per raffreddare la sega durante il suo funzionamento veniva utilizzato un congegno molto particolare: una grande ruota simile ad un piatto anello di ferro con attaccate diverse lattine vuote, di quelle note un tempo per l’olio d’oliva, pescava l’acqua nella rongia e la versava in una vasca di latta bucherellata e contenente sabbia.

L’acqua usciva lentamente trascinando sabbia abrasiva che cadeva nelle fessure della sega in funzione. La sega vera e propria era formata da diverse lame di acciaio mobili in modo da ottenere lastre di diverso spessore; quando la sega veniva messa in movimento non veniva piú fermata fino a quando il blocco di marmo era fatto “a fette”, a lastre completamente.

Il taglio di un solo blocco di marmo poteva durare diversi giorni in quanto la sega si abbassava al massimo di 7 o 8 centimetri al giorno. L’acqua della vasca scendeva tra le lame della sega mescolata alla sabbia ricca di silice che aiuta e facilita il taglio del marmo. Il taglio di un blocco doveva essere controllato e seguito giorno e notte. Non si doveva dimenticare la sabbia mescolata all’acqua in quanto le lame senza sabbia avrebbero potuto facilmente spezzarsi.

I blocchi di marmo tagliati nella cava erano trasportati alla segheria con un carro trainato da buoi noto come “car matt”. Alcune ruote piccole e tozze del “car matt” sono ancora visibili su una terrazza del villaggio. Nel mulino invece due altre ruote ad acqua piú piccole facevano funzionare il mulino per la farina ed un frantoio per l’olio.

Pubblicato su: La Rivista Vivere la Montagna – num.60 – 12 dicembre 2008